19.1.12

La torta "cinque sensi"

Che il cibo coinvolga i cinque sensi non è un assunto poi così scontato.
Se ci pensiamo bene, al concetto di cucina, così, in prima battuta, viene istintivo associarne solo alcuni: gusto, olfatto, vista.
Il tatto c'è ma non sempre ne siamo consapevoli. Anche quando un piatto lo prepariamo, e quindi ne maneggiamo gli ingredienti, non sempre siamo nel giusto mood per coglierne l'aspetto sensoriale.
L'udito è il fanalino di coda, lo facciamo lavorare solo quando il richiamo sonoro è forte (e in ogni caso lo consideriamo "altro", quasi non fosse parte di ciò che cuciniamo e/o mangiamo): la carne che viene battuta, il rumore delle valve dei molluschi quando si urtano, un soffritto che sfrigola, il fischio della pentola a pressione... ma ci sono anche tanti suoni quasi impercettibili, che purtroppo trascuriamo.

Ecco, preparare la fregolotta* è un ottimo allenamento all'uso di tutti e cinque i sensi... e se volete che l'esperienza sensoriale sia totale, preparatela quando siete soli/e in casa, nel silenzio assoluto.
Partite proprio dall'udito. 
Immergetevi nel suono secco e al medesimo tempo ovattato che producono le mandorle mentre le tritate sul tagliere... e nella delicata vibrazione che dal coltello passa alla mano, sale lungo il braccio, il collo, fino alla testa, amplificando e dando corpo a tale suono. Fatelo lentamente, senza fretta.
E cominciate a stimolare le papille gustative assaporandone una, di quelle mandorle... masticando piano, cogliendone bene il sapore, soffermandovi sulle briciole che avete sulla lingua e sul palato, sempre più piccole... chè il tatto si esercita anche nella (e con la) bocca. 
Il tatto... mescolate con le mani gli ingredienti, chiudendo gli occhi e saggiando, percependo le diverse consistenze: quella setosa della farina, quella ruvida dello zucchero (a cui avrete aggiunto un pizzico di sale), quella solida e spigolosa delle mandorle... la fredda viscosità dei tuorli ed il calore vellutato del burro fuso. Lasciate che vi scorrano tra le dita, poi con i polpastrelli amalgamate sbriciolando.
Versate le briciole nello stampo imburrato (o foderato di carta) in modo che coprano tutto il fondo - ma non compattatele troppo - e infornate. 
Mentre la torta cuoce, lasciatevi avvolgere dal profumo che si sprigionerà e pian piano riempirà la cucina. Respiratelo, anche con il corpo.
Una volta pronta, sfornatela, fatela raffreddare, rompetela con le mani (...e qui di nuovo il tatto entra in gioco...) e gustatela prima con gli occhi... gli occhi che hanno seguito ogni fase, osservato la trasformazione, la fusione dei singoli ingredienti e che ora si beano del risultato finale.
Mettetene in bocca un pezzetto, schiacciatelo con i denti, inspirate, cominciate a masticare... e lasciate che i cinque sensi si fondano.
Facile, no?

* che non è certo una mia invenzione... trattasi di un dolce diffuso in Veneto e Lombardia, anche se con nomi diversi (fregolotta da fregola=briciola nel trevigiano, rosegota nel padovano, sbrisolona a Mantova) e piccole varianti negli ingredienti (tuorli sodi/crudi, panna fresca al posto del burro fuso, impiego di una parte di farina di mais).
Io la faccio con:
250 gr di farina tipo 0 (a volte però ne sostituisco una parte con farina gialla di mais) - 200 gr di mandorle pelate - 150 gr di zucchero - 2 tuorli crudi - 150 gr di burro fuso - 1 presa di sale.
Cottura: 45 minuti a 180°.